Cosa facciamo – introduzione al processo produttivo

Quando partecipiamo alle varie feste, degustazioni, incontri, riguardanti la birra artigianale, prima o poi viene fuori la domanda sul processo produttivo. Come si produce la birra artigianale? O ancora più semplicemente, come si fa la birra?

Alcuni domandano solo delle fasi fondamentali e vogliono capire il processo a grandi linee, altri invece vogliono conoscere ogni passo del lavoro del birraio. Conciliare queste esigenze e raccontare questa affascinante professione in poche parole, è una vera sfida! Per questo abbiamo deciso di illustrarlo graficamente anche in maniera interattiva: la versione base farà felici quelli che amano la brevità e la concretezza, mentre la versione approfondita piacerà a quelli che vogliono nuotare in più profonde acque birraie.

Leggete, cliccate, approfittate!

Il processo di fermentazione

L’interno, ovvero principalmente l’endosperma, è ciò che è importante per il birraio, perché contiene amido, proteine, nutrienti e minerali necessari per il lievito. Ma il più importante è l’amido, ovvero lo zucchero complesso. Vogliamo che il lievito ci entri.

La macinatura mira a garantire che ci sia un libero accesso all’endosperma e che la scorza rimanga integra da essere un letto filtrante naturale in una fase successiva del processo.

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Qui fondamentali sono il tempo e la temperatura. Quando il malto viene miscelato con acqua calda, vengono attivati gli enzimi che scompongono l’amido in zuccheri semplici, principalmente in maltosio (un disaccaride) – amato dai lieviti, e maltotriosio (3 unità di glucosio). Quest’ultimo viene “divorato” dal lievito soltanto dopo aver consumato tutto il maltosio. Esistono due enzimi chiave di particolare importanza: la beta-amilasi, che rompe i legami intermolecolari di maltosio alle estremità delle catene di amido, e l’alfa-amilasi, che “taglia” l’amido in catene più lunghe. La beta amilasi ama la temperatura di 62°C, l’alfa amilasi 74°C.

Ciò può sembrare complicato, ma grazie a questa conoscenza il birraio può controllare la “fermentabilità” del mosto (birra grezza), ovvero il liquido che rimarrà dopo il processo di filtrazione. Se il mosto contiene più maltosio, la birra sarà più secca. Quindi basta tenere il malto con acqua più a lungo (il primo mosto) a una temperatura vicina ai 62°C e avremo una birra secca.

Se vogliamo avere una birra da sapore più pieno, allora le temperature di ammostamento devono essere alzate intorno ai 74°C. In pratica, il birraio applica i cosiddetti programmi di ammostamento, cioè ad esempio 30 minuti a 62°C e 20 minuti a 74°C ai fini di raggiungere l’equilibrio.

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Una volta terminato l’ammostamento, il birraio prosegue con la filtrazione del primo mosto, ovvero separa il mosto – il liquido dolce da cui verrà prodotta la birra – dalla scorza del malto (cosidette trebbie). Se il malto non avesse la scorza, la filtrazione non sarebbe possibile, perché le proteine e gli zuccheri del primo mosto intaserebbero completamente il letto filtrante.

Nel processo di filtrazione anche l’equilibrio è importante: una filtrazione troppo veloce non porterà ad un’efficienza adeguata, di conseguenza la concentrazione di zuccheri nel mosto sarà troppo bassa. Invece, una filtrazione troppo lunga potrebbe causare il risciacquo dei tannini dalla scorza, in modo che la birra finale possa avere un gusto abbastanza “astringente” e “amaro”. Un birraio esperto sa dove trovare una via di mezzo.

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Al termine della filtrazione, inizia il processo di bollitura. Esso ha diversi obiettivi:

La sterilizzazione
Eradicare tutti i microrganismi, batteri, funghi, lieviti selvatici che sono numerosi nella materia prima, ovvero nel malto.

La precipitazione di proteine e polifenoli (hot break)   
Grazie a questo si evita la torbidita della birra.

L’espulsione di precursori DMS tramite l’evaporazione del mosto.
Il dimetilsolfuro – la sensazione sgradevole di vegetale cotto – è molto indesiderabile nella birra. Tutti i malti chiari contengono i precursori DMS (cioè un composto da cui deriva il DMS), che fortunatamente, viene eliminato grazie alla evaporazione del mosto durante la bollitura. Il birraio lo sa quanto sia sufficiente una bollitura vigorosa del mosto per far “evaporare le verdure”.

Il luppolamento del mosto.
E qui qualche parola sul luppolo. Ci sono due principali “pregi del luppoli” che interessano i birrai: gli acidi alfa e gli oli essenziali. Gli acidi alfa danno semplicemente l’amarezza alla birra, mentre gli oli essenziali danno gli aromi. La sfida sta nel fatto che gli acidi alfa si dissolvono a temperature superiori a 85°C, mentre gli oli essenziali sono estremamente volatili a temperature superiori a 50°C. Quindi la bollitura è necessaria per avere amarezza, ma sarebbe meglio non bollire per avere aroma. E ancora una volta abbiamo  bisogno di trovare una via di mezzo, dunque il birraio aggiunge il luppolo a dosi: all’inizio della cottura, per dissolvere quanto più possibile acidi alfa nel mosto (l’amarezza nella birra è determinata dalla quantità di luppolo da amaro “aggiunto” e dal tempo di cottura) e alla fine della cottura per perdere la minima quantità di oli. Da questo deriva il nome tradizionale delle dosi di luppolo “da amaro” e “da aroma”. Esistono ovviamente luppoli con un contenuto di acido alfa maggiore e quelli con un contenuto di oli più elevato. Il birraio lo sa dal coltivatore di luppolo con il quale ovviamente vive in grande simbiosi e amicizia. Non si puo fare altrimenti!

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Al termine della cottura, il mosto deve essere raffreddato il più rapidamente possibile. Il DMS è volatile, ma sfortunatamente può “formarsi” di nuovo abbastanza velocemente e la birra puzzerà di cavolo cotto o cavolfiore.

Un rapido raffreddamento è anche necessario per aggiungere il lievito il più presto possibile. Il lieveto deve dunque conquistare rapidamente il mosto, innalzare la sua bandiera e passare rapidamente alla grande orgia della riproduzione, e poi a divorare gli zuccheri nel mosto. Per le birre a bassa fermentazione, raffreddiamo a 10-12°C e per le birre ad alta fermentazione a 17-21°C.

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In effetti, tutto quanto sopra è molto importante, ma la fermentazione è cruciale. Veloce, vivace, efficiente, senza interruzioni, sana. Non c’è buona birra senza fermentazione. Puoi preparare un mosto eccellente e rovinare la fermentazione e di conseguenza la birra sarà imbevibile. Al contrario, puoi fare molti errori durante la preparazione del mosto, però se hai una fermentazione perfetta, la birra può risultare abbastanza buona. In poche parole: il lievito “mangia” zucchero, rilasciando anidride carbonica, alcool e tante sostanze aromatiche. I “regolatori” del birraio nel processo della fermentazione sono principalmente:

  • temperatura – più bassa è, più lenta è la fermentazione, ma anche “più pulita”, senza aromi di lievito. Nella temperatura più alta, la fermentazione è più veloce, ma al lievito piace “sputare” esteri – cioè aromi di gomma da masticare, banane, pere, ecc. E tutto va bene finché questo sia l’azione prevista dal birraio. Tuttavia, di solito questo va evitato perché esteri sono abbastanza artificiali.
  • pressione – la fermentazione senza pressione dà una birra più pulita, ma sfuggono anche molti aromi. La fermentazione a pressione, al contrario, non è solo più veloce, ma garantisce anche più aromi – d’altra parte si possono sviluppare molti odori indesiderati, in particolare i composti dello zolfo.

A questo si aggiunge il grado di aerazione del mosto, il momento in cui la temperatura e la pressione cambiano, il momento di separare la birra dal lievito, ecc. Basta dire che la fermentazione è la più grande conoscenza e il segreto del birraio.

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Dopo aver terminato la fermentazione, aggiungiamo il luppolo nel serbatoio. Come già sapete, non conferisce l’amarezza alla birra, ma solo l’aroma. E qui il birraio mostra la sua più grande conoscenza e abilità: una miscela di luppoli opportunamente composta e la perfetta “spremitura” di oli essenziali dai luppoli, fino all’ultima goccia.

Tecnicamente, questo non è facile, perché la birra dopo la fermentazione è molto vulnerabile all’attacco dell’aria. Questo può esporrla al processo di decomposizione dell’alcool etilico in acetaldeide e il birraio avrà la birra con un aroma di mela verde acerba. Una cosa terribile!

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Estremamente importante. Deve essere perfettamente pulito (come tutto in un birrificio), completamente privo di aria (vedi sopra informazioni su aldeidi) e se la birra viene pastorizzata, questo trattamento deve essere effettuato a un livello molto basso in modo da non distruggere l’aroma del luppolo.

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È una fase supercritica. Puoi fare un’ottima birra, imbottigliarla perfettamente, e poi la birra prendera un saco di legnate sul camion: dal caldo in estate o dal gelo in inverno. E tutto lo sforzo del birraio sarà sprecato. La birra non sopporta temperature inferiori a 1°C e superiori a 18°C e odia i cambiamenti rapidi e drastici delle temperature. Odia l’esposizione diretta al sole, non tollera stare a lungo sullo scaffale, le piace essere bevuta fresca. Come potete vedere, organizzare una distribuzione efficiente con tali requisiti non è un gioco da ragazzi, giusto?

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